The Italian Wife

London explained by a very Italian villager adopted by a very multiethnic family

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Dove eravamo rimasti

February 26, 2018 by Daria Simeone

Il mio livello di salute mentale è inversamente proporzionale al numero di pellicciotti sintetici che compro. È un fatto. C’è chi per combattere l’ansia mangia, chi dorme, chi beve, e poi c’è chi ha i figli piccoli bulimici che si mangiano pure il piatto tuo (grazie alla mia amica Linda per avermi comprato quelli biodegradabili in modo che non gli restino troppo sullo stomaco), che in piena notte si svegliano come posseduti dal fantino Aceto del Palio di Siena e ti salgono sulla schiena facendo il verso della galoppata al trotto, e che appena ti concedi uno Spritz di troppo iniziano a spogliarti urlando tettaaaaaa tettaaaaaaa ad un volume sufficiente a rompere la barriera del suono, quella Corallina e quelle architettoniche, per assicurarsi che anche la bisnonna catalana seduta sulla panchina dall’altra parte della strada apprenda che diluisci il sacro latte materno con Aperol e prosecco (senza soda, pe’carità).

Quindi tolto il mangiare, il bere e il dormire non mi restano che i pellicciotti. Come una sorta di velata richiesta d’aiuto le mie amiche più strette ricevono mensilmente/settimanalmente le foto del nuovo pellicciotto via whatsapp e sono costrette ogni volta ad esprimere un giudizio – che in ogni caso ignorerò semmai dovesse essere critico - che è il loro modo per esprimermi vicinanza. Una di loro ieri – subito dopo aver inutilmente criticato il colore arancione del mio ultimo peluche – ha osato portare la conversazione su tematiche più profonde. Che si possono riassumere in “bilanci di vita di merda a 39 anni”. Poi dici perché compri un pellicciotto per ogni colore a Barcellona che fa un cazzo di caldo.

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Perché solo la loro sofficità e futilità mi salva dall’ansia dei bilanci di vita di merda a 39 anni (senza contare che i miei quest’anno saranno 40. Non contare, infatti.). E salva voi dal leggere della mia pesantezza irpino-decadente-quasi40enne. Non che questo blog debba far ridere per forza, ma non so se si possono stracciare le palle delle persone parlando per esempio di paura della morte in un blog che parla generalmente di cazzate, linguaggio gutturale di neonati e cibo di merda in quanto non italiano.
°°Audio di un messaggio di mia madre a caso: “Ma no ammamma, tu devi parlare anche delle tue paure, ci mancherebbe. E jà scrivilo un post sul fatto che stavi schiattando di paura venendo giù su uno slittino da neve, che mi hai fatto troppo ridere ahahahahah”°°. 😒

Insomma per 4 mesi non avevo molto da condividere e vi ho sparagnato questa uallera, ho riversato le mie ansie, paranoie, claustrofobie, slittino-fobie e pellicciotti sulle mie amiche-analiste. Ora sono tornata, abbracciatevi questa croce, cercherò di farmi leggiera leggiera. Alcuni dei miei pellicciotti, se avete freddo o paura di morire, li trovate presto su eBay. Mi siete mancati.

 

Where were we

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My level of mental health is inversely proportional to the number of faux fur coats I buy. It's a fact. There are those who fight anxiety over-eating, over-sleeping, over-drinking, and then there are those who have bulimic children who eat everything, even your plate (thanks to my friend Linda for buying us those biodegradable so that they are not too hard to digest), who in the middle of the night wake up possessed by Aceto the jockey of the Palio di Siena and climb on your back doing the trot and gallop, and who -as soon as you treat yourself to an extra Spritz -begin to pull your clothes off screaming "Boooob booooob" at a volume high enough to break the sound barrier, the Coralline one and the architectural ones, to make sure that even the Catalan great-grandmother sitting on the bench across the street is aware that you are diluting the holy mother's milk with Aperol and Prosecco (without soda, please).

So, if you take away the eating, drinking, and sleeping, the fur coats is all I have left. As a kind of veiled request for help my closest friends receive monthly / weekly the photos of the new fur coat via WhatsApp and are forced every time to give me a feedback - which I will ignore anyway if it's negative, but I take it as a manifestation of closeness.

One of them yesterday - immediately after having unnecessarily criticized the orange color of my last fluffy jacket - dared to take the conversation on deeper issues. Which can be summarized in "shitty life review at age 39". Then no wonder why you buy a fur coat for every color of the rainbow even in Barcelona, where it's so damn hot.

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Because only their softness and futility save me from the anxiety of shitty life reviews at 39 (not to mention that this year I will be 40. Do not mention it, in fact.). And it saves you from reading about my Hirpin-decadent-40-year-old heaviness. Not that this blog should make you only laugh, but I do not know if you can break peopleìs balls by saying things like "Oh I fear death btw" in a blog that generally talks about crap, newborns guttural language and shitty food because not-Italian.

°° Audio of a random message from my mother: "But no, sweetheart, you must also talk about your fears, that's normal. And come on, write a post about the fact that you were squealing with fear coming down on a snow sled, you made me laugh so much ahahahahah "°°.
😒

So for 4 months, I spared you this uallera (it's more than heaviness, a kind of a hernia), I poured out my anxieties, paranoia, claustrophobia, sledding-phobias and faux furs on my friends-analysts.

Now I'm back, embrace this cross, I'll try to make myself as light as I can. Some of my fur coats, if you're cold or you fear death, you will find them soon on eBay. I missed you.

 

Donde estábamos 

Mi nivel de salud mental es inversamente proporcional al numero de abrigos de pelo sintéticos que compro. Es un hecho. Hay quien para combatir la ansiedad come, quien duerme, quien bebe, y luego están los que tienen hijos pequeños bulímicos que se comen hasta tu proprio plato (gracias a mi amiga Linda por haberme comprado esos biodegradables así que pueden ser digeridos mejor) , que en plena madrugada se despiertan como poseídos por el jinete Aceto del Palio de Siena y trepan por tu espalda como si estuvieran galopando, y que en cuanto te concedes un Spritz demás empiezan a desnudarte gritando tetaaaaatetaaaaa con un volumen alto lo suficiente para romper la barrera del sonido, la Coralina y las arquitectónicas, asegurándose que hasta la abuelita catalana sentada en el banco de enfrente sepa que diluyes la sagrada leche materna con Aperol y Prosecco (sin soda, por supuesto!).

 

Así que quitando lo de comer, beber y dormir no me quedan que los abrigos de pelo. Como una especie de grito de auxilio, mis amigas másíntimas reciben mensualmente/semanalmente las fotos del nuevo abrigopor WhatsApp y cada vez están obligadas a dar una opinión – que voy a ignorar por si fuera negativa- que es su manera de expresar su cercanía. Una de ellas ayer – justo después de criticar el naranja de mi últimopeluche – se atrevió a llevar la conversación a temas mas profundos. Que se pueden resumir en “balances de vidas de mierda con 39 años”. Y luego te preguntas porqué compras un abrigo de pelo de cada color si en Barcelona hace un calor que te cagas.

Porque solo su suavidad y futilidad me rescata de la ansiedad de hacer balances de la vida de mierda con 39 años (sin mencionar que este año serán 40. Pues eso, no lo menciones). Y salva a ustedes del leer mi pesadez irpino-decadente-casi40ñera. No es que este blog tenga que ser obligatoriamente gracioso y divertido, pero no se puede agobiar a la gente hablando por ejemplo del miedo a la muerte en un blog que trata generalmente de tonterías, lenguaje gutural de los recién nacidos y de comida de mierda porque no italiana. 

Sonido de un mensaje al azar de mi madre: “Que no ammamma, tú tienes que hablar también de tus miedos, claro que sí. Venga, escríbelo un post sobre el miedo a la muerte que tuviste bajando con un trineo, me reí muchísimo, jajajajaj”.😒
Total que durante 4 meses no tuve muchos temas que compartir con ustedes y os he ahorrado este coñazo, he volcado mis ansiedades, paranoias, claustrofobias, trineos-fobias y abrigos de pelo en mis amigas-analistas. Ahora he vuelto, abrazad esta cruz, intentaré ser leve. Algunos de mis abrigos, si tenéis frio o miedo a morir, lo encontrareis pronto en eBay. Os he echado de menos.

 

February 26, 2018 /Daria Simeone
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La mia vicina indipendentista catalana

October 01, 2017 by Daria Simeone

Ogni mattina, in Africa, una gazzella si sveglia, sa che deve correre più in fretta eccetera eccetera.
Ogni mattina, a Barcellona io mi sveglio, e so che devo aprire Google Translator, bestemmiare e scriverci dentro le frasi in catalano che trovo sulle circolari della scuola di mia figlia per capire cosa mi hanno mandato a dire. "No vingueu massa d'hora per esperar fora de la porta d'on surten els vostres fills". 

Boh. Mi hanno anche detto che per noi italiani il catalano è facile. Deve trattarsi di un blocco psicologico.

Forse perché a me, lo ammetto, questa storia del catalano un po' mi indispone. E poi perché io sono decisamente per l'unione piuttosto che per la divisione, sono per la dipendenza più che per l'indipendenza, per il volemose bene. Sono una che ci mette anni a lasciare un fidanzato, figuriamoci quanto mi costerebbe lasciare un paese.

Due anni fa, quando mi sono trasferita a Barcellona, certa che lo spagnolo mi sarebbe bastato e avanzato pure, mi sono ritrovata come vicina di pianerettolo una vecchina 70enne indipendentista catalana, una di quelle, per intenderci, che sul balcone ha messo in fila la bandiera catalana, quella per il sì al referendum, quella per il no ai turisti e via così. 

Un anno dopo, quando sono andata a vedere le scuole per mia figlia, per poterne scegliere una, alcuni direttori scolastici e insegnanti mi rispondevano in catalano anche quando gli facevo le domande in castigliano. Roba da prenderli a craniate, pensavo.

Ci ho messo un po' di tempo, ma ora so che quella vecchina indipendentista catalana si chiama Maria, ha l'età di mia madre e - come lei - col cazzo che è una vecchina. Va a farsi i weekend a Ibiza con le amiche, è del segno dell'acquario, il mio preferito, è stata tra le prime persone a venirmi a trovare in ospedale quando ho partorito, ogni settimana mi porta le verdure della sua campagna a Tarragona, pupazzi glitterati per le mie figlie, persino dei regalini da "Tutto a un euro" per mia madre se le capita. 

Continuo a fare fatica a capire la causa catalana, figuriamoci a sposarla. Ma mi inchino davanti a una tenacia che forse non conoscerò mai. Perché oggi, mentre seguivo il voto del referendum interrotto dalle cariche delle polizia spagnola, ho chiamato Maria, per assicurarmi che stesse bene. E invece era al pronto soccorso. Era caduta durante le cariche fatte da decine di poliziotti-animali al suo seggio. L'avevano costretta, poi, ad inginocchiarsi. A 71 anni, urlandole addosso.

E allora sticazzi il catalano cacofonico e gli indipendentisti spocchiosi. Lo schifo della violenza della polizia spagnola è insopportabile. Lo deve essere per tutti. Soprattutto se mi toccano la mia vicina Maria, spacciatrice di zucchine, pomodori e pupazzi glitter. 

Quando Maria è uscita dall'ospedale con la gamba fasciata ci siamo abbracciate. La mia amica Anna, del Tg2, le ha chiesto "E adesso, dove vai?"

"Io? A votare, bellezza"._TIW

 

Mi vecina indipendentista

Cada mañana, en África, una gacela se despierta; sabe que deberá correr más rápido que el león,etc..

Cada mañana, en Barcelona, yo me despierto y se que tengo que abrir el traductor de Google y escribir las notas que me envían desde el colegio de mi hija para entender de lo que me están hablando. "No vingueu massa d'hora per esperar fora de la porta d'on surten els vostres fills". Bah.

Me habían dicho que para los italianos el catalán es sencillo. Tiene que ser un bloqueo psicológico.

Admito que probablemente esta historia del catalán me molesta un poco. Porque yo soy más bien a favor de la unión que de la división, por la dependencia mas que por la independencia, del querámonos juntos. Soy una persona que tarda años en dejar un novio, imagínate un país.

Cuando hace dos años me mudé a Barcelona, segura de que el castellano iba a ser más que suficiente, me he encontrado como vecina de rellano a una viejita sobre los 70, independentista catalana, para entendernos una de la que pone en su balcón la bandera catalana, la del si al referendum y la del no a los turistas.

Un año después, cuando fui a ver los colegios para mi hija, los directores y las maestras me contestaban en catalán incluso cuando yo les preguntaba en castellano. Les hubiera dado cabezazos.

He tardado un poco, pero ahora se que aquella señora mayor independentista catalana se llama Maria, tiene la edad de mi madre y, como ella, ni de coña la puedes llamar viejita. Se pasa los fines de semana en Ibiza con sus amigas, es acuario, mi signo zodiacal favorito, ha sido una de las primeras personas que vino a verme cuando di a luz, cada semana me trae verduras de su huerta en Tarragona, muñecos con purpurina para mis hijas y de vez en cuando hasta regalos del "todo a un euro" para mí madre.

Me sigue costando entender los motivos de los catalanes, así que ni de lejos podría apoyarlos. Pero admiro esta tenacidad que puede que yo jamás conoceré. Porque hoy, mientras seguía el voto del referéndum interrumpido por las cargas de la policia española, he telefoneado a Maria para asegurarme que estuviera bien. Pero se encontraba en urgencias. Se había caído durante las cargas de estos policías animales en su colegio electoral.

La habían obligado a ponerse de rodillas . Con 71 años, gritándole a la cara.

Pues entonces a la mierda el catalán cacofónico y los independentistas presumidos.

El asco de la violencia de la policía española no se puede aguantar. Nadie debería.

Sobretodo si me tocan a mi vecina Maria, traficante de calabacines, tomates y muñecos de purpurina.

Cuando Maria ha salido del hospital con la pierna vendada nos hemos dado un abrazo. Y mi amiga Anna, del telediario italiano del tg2, le ha preguntado "Y ahora a donde vas?"

"Yo? A votar, guapa"._ TIW

October 01, 2017 /Daria Simeone
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Nel nome del padre, del nonno, di Allah e della Catalogna

April 13, 2016 by Daria Simeone

Mia, ti piace il nome Viola per la sorellina?
No, pink!
Ah ok, e Marley?
Sì sì! E' il papà di Nemo!

Interpellare tua figlia duenne per decidere il nome di sua sorella non è una buona idea. Soprattutto se sei avellinese, fidanzata con un anglo-arabo e ti sei appena trasferita a Barcellona e quindi nella scelta sono già più o meno coinvolti soggetti provenienti da Londra-Regno Unito, Khartum-Sudan, Barcellona-Catalogna, Avellino-Irpinia e mamma da Benevento.

Se volessimo tenerci sul nome italiano: Viola diventerebbe Biola per i catalani e Vaiola per gli inglesi; se volessimo tenerci sull'arabo: Aia diventerebbe una cotoletta di pollo per gli avellinesi; se volessimo tenerci sull'inglese: Marion diventerebbe Mario per mia madre. E se volessimo omaggiare la nostra nuova patria catalana con un Gal·la tutti gli altri sarebbero estremamente confusi dal puntino. Per questo ci eravamo augurati che fosse maschio, perché avevamo già deciso che si sarebbe chiamato Ziggy, nel nome di Bowie e senza minimamente tener conto di quanto lo avrebbero preso per il culo a scuola e poi PER SEMPRE.

Con la prima figlia ci siamo tenuti due nomi fino alla fine, Mia e Andrea, dopo aver scartato Bianca perché rischiava di non esserlo, Uma perché col cognome Makki avrebbe formato quasi un Uramaki, e Nina perché nell'appello a scuola sarebbe diventata MakkiNina. La scelta di Mia, alla fine, è stato un golpe sacrosanto attuato mentre io ero in anestesia totale. Questa volta viaggiamo con una lista di oltre 20 nomi, di cui il 70 per cento impronunciabili. Una lista, per intenderci, che inizia con Mabel e finisce con Talita. La parte più faticosa è reggere il confronto col mondo esterno che ci chiede il toto-nomi.

Il Sudanese che si aspetta un nome arabo.
Makki senior: "A me piace Zara".
Io: "Anche a me, soprattutto coi saldi".
Il nonno sudanese non l'ha presa benissimo quando ha saputo che avevamo scelto il nome Mia che in arabo vuol dire "cento". A lui piaceva Nadia (Nadiyyah, delicata) che è stato infatti messo come secondo nome con virgola e che secondo me, comunque, è russo. Questa volta il Sudanese ha deciso di muoversi in anticipo, proponendo un nome il giorno stesso in cui abbiamo saputo che era femmina. Zara, che in arabo vorrà anche dire principessa, ma in avellinese, catalano e beneventano è il nome del mio guardaroba autunno/inverno e primavera/estate. Quindi ho provato a spiegarglielo, non sono del tutto sicura che mi abbia creduto. 

Gli inglesi. Quelli che di solito chiamano i figli Mela, Cavolo e Estate.
"Bellissimo Marley!".
Mettere nomi che non sono nomi ma frutti, verdure, stagioni, colori, cognomi e punti cardinali è sempre stata una passione degli anglofoni. Per cui l'idea di chiamarla Marley è stata accolta con enorme entusiasmo dagli inglesi. Compresa Mia che crede sia il nome del padre di Nemo (al secolo Marlin). La tentazione di un nome esotico aveva quasi conquistato anche me. Mi faceva sentire un po' come Gwyneth, mamma di Mela, o come Kim, madre di Nord-Ovest. Con questa Marley, che fa un po' Bob Marley, ma anche un po' cane di Jennifer Aniston e Owen Wilson. 
 

Gli italiani a Barcellona. Ovvero i reazionari.
"Marley fa cagare, mica è un nome!".
Gli italiani che stanno a Barcellona sono cosmopoliti, cittadini del mondo, giovani dentro, viaggiatori, poliglotti. Ma col cazzo che chiamerebbero mia figlia Marley. 
"Ok e allora Lola?" propongo.
"Mah, guarda che Lola anche è molto eccentrico per noi eh, è impegnativo. Cioè alla fine Lola è Lolita, un po' una zoccola per dircela tutta. Che ne dici di Michela?". (Questa era Michela).

Gli italiani in collegamento dall'isola di Reunion.
"Hai deciso per il nome?"
"No"
"Comunque secondo me Carlotta va benissimo" (Questa era Carlotta).

Mia madre. 
"Ho letto che Maya Sansa ha chiamato la figlia Talita"
Io: "Maya chi?"
"Guarda che non è male, sempre meglio di Nausica che può piacere solo a tuo padre".

Gli italiani in collegamento dalle isole Canarie.
"Talita? Sì, e Tiscesa".

Abbiamo tempo. Ricominciamo tutto d'accapo, dal primo nome della lista. Mabel, per il quale abbiamo già registrato tre pronunce diverse "Maibl" (l'anglo-arabo), "Màbel" (io), "ué Mabbèl" (mamma)._TIW

 

In the name of the father, grandfather, Allah and Catalunya

Mia, do you like to name your little sister Viola?
No, pink!
Ah ok, how about Marley?
Yes yes! Like Nemo's dad!

It is not a good idea to ask your 2 years old daughter to decide her sister's name, especially if you are from Avellino, your boyfriend is British-Arab and you just moved to Barcelona. Which all means the people involved in the decision are too many and too diverse coming from London-United Kingdom, Khartum-Sudan, Barcelona-Catalunya, Avellino-Irpinia and my mum from Benevento.

If we want to stick to an Italian name: Viola would become Biola for the Catalans and Vaiola for the English; if we choose the Arab: Aia (Aiah) would be a chicken schnitzel brand for the Avellinesi; if we pick an English name: Marion would become Mario for my mother. And if we decide to celebrate our new Catalan homeland with Gal·la all the others would be extremely confused by the dot. That's why we wanted it to be a boy, because we already knew he was going to be named Ziggy, in the name of Bowie. Who cares if his classmates and THE WHOLE WORLD would have taken the piss out of him.

With our first daughter we had two names until the birth, Mia and Andrea, after discarding: Bianca ("white" in Italian) because she might have not been so white, Uma because followed by the surname Makki would have sounded like uramaki, and Nina because at school Italian teachers would call her Makki Nina (little car). This time we have a list of over 20 names, 70 per cent of which are hard to pronounce. A list that starts with Mabel and ends with Talita. The hardest part is to confront everyone and ask for there blessing.

The Sudanese that wants an Arab name.
Makki senior: "I love Zara".
Me: "Me too, especially during the sale".
The Sudanese grandfather didn't take it too well when he found out we named our first child Mia, "one hundred" in Arabic. He liked Nadia (Nadiyyah, delicate), that became Mia's middle name. This time the Sudanese put down his favourite name first, on the same day we found out it was a girl. Zara, that in Arabic means princess, ok, but in Italian and Catalan it is basically the name of my wardrobe, Fall/Winter and Spring/Summer. I've tried to explain it to him but I'm not sure he believed me.

The British. Those who call their children Apple, Kale and Summer.
"Beautiful Marley!".
English speakers love to give names that are not names but fruits, vegetables, seasons, colours, cardinal points. So the idea of naming our second daughter Marley has been welcomed with great excitement by all the British, included Mia that thinks it is Nemo's dad's name (which is actually Marlin). I've been tempted to give her an exotic name. To feel a bit like Gwyneth, Apple's mum, or like Kim, mother of North West. Marley, that is a bit about Bob Marley, but is also Jennifer Aniston and Owen Wilson's dog. 

The Italians in Barcelona: the conservatives.
"Marley is shit, it's not even a name!".
The Italians that I know in Barcelona are cosmopolitan, citizens of the world, young inside, travelers, multilingual. But, hell no, they wouldn't call my daughter Marley. 
"Ok how about Lola?" I try.
"Well, look Lola is quite exotic too for us, it's not an easy name. Lola is too close to Lolita, which was a bit of a slut. How about Michela". (This was Michela).

The Italians phoning from the Reunion island.
"Have you picked a name yet?"
"No"
"Anyway, I think Carlotta is very nice" (This was Carlotta).

My mother. 
"I've read that the actress Maya Sansa named her daughter Talita"
Me: "Maya who?"
"Look it's not too bad, for sure is better than Nausica, only your father likes it".

The Italians phoning from the Canary islands. 
"Talita (sounds like Salita: uphill)? Yeah, why not Tiscesa (sounds like Discesa: downhill)". (See, you can't even translate jokes about names).

We've got time. Let's start from the beginning, from the top of the list. Mabel, for which we have already registered 3 different pronunciations: "May-bull" (the British-Aarab), "Mà bell" (me), "ué Mabbèl" (mum)._TIW

En el nombre del padre, del abuelo, de Allah y de Cataluña

- Mia te gusta el nombre Viola para la hermanita?
- No Pink!
- Ah vale y Marley?
- Si, si, es el padre de Nemo!

Preguntarle a tu hija de dos años que nombre ponerle a la hermana no es exactamente lo que se dice una buena idea.
Sobretodo si vienes de Avellino, tu pareja es anglo-árabe y acabas de mudarte a Barcelona, así que en la elección ya están mas o menos incluidos gente de Londra-Reino Unido, Khartum-Sudan, Barcelona- Cataluña, Avellino- Irpinia y mamá que es de Benevento.
Si quisiéramos elegir un nombre italiano entonces Viola se transformaría en Biola para los catalanes y Vaiola para los ingleses;
si nos decidimos para el nombre árabe, Aia, se transformaría en una empanada de pollo en Avellino (es el nombre de una famosa empresa de productos de carne); si quisiéramos el nombre ingles, Marion se transformaría en Mario para mi madre.
Y si quisiéramos homenajear nuestra nueva patria con Gal·la, crearíamos una total confusión a todos los demás por el punto en el medio.
Por eso habíamos deseado un varón, ya habíamos decidido que iba a llamarse Ziggy, en nombre de Bowie y sin considerar en absoluto que iban a reírse de él en el colegio y PARA SIEMPRE.
Con la primera hija hemos barajados 2 nombres hasta el final, Mia y Andrea, después de descartar Bianca (Blanca) ya que había el riesgo que no lo fuera, Uma porque con el apellido Makki iba a sonar como Uramaki, y Nina ya que en el registro del cole se habría transformado en MakkiNina (cochecito en italiano).
La elección de Mia al final ha sido un golpe maestro hecho mientras yo estaba en anestesia total.
Esta vez en cambio tenemos una lista con mas de 20 nombres, con un 70% de ellos que no se pueden ni pronunciar, Un listado que empieza con Mabel y acaba con Talita. 
La parte mas difícil es aguantar el mundo exterior que pide a voces cual será el nombre de la niña.

El sudanés que espera un nombre arabo.
Makki senior: "Me gusta Zara".
Yo: "A mi también, sobre todo en rebajas".
Al abuelo sudanés no le gustó mucho que eligiéramos el nombre de Mia que en árabe significa "cien". él hubiera preferido Nadia ( Nadiyyah, delicada) que de todos modos le pusimos como segundo nombre y que para mi sigue siendo de origen ruso. Esta vez el abuelo ha decidido moverse con antelación proponiendo un nombre el mismo día que supimos que era niña. Ahora yo puedo entender que en árabe Zara significa princesa, pero en avellinese, catalán y beneventano es el nombre de mi guardarropa otoño/invierno y primavera/verano. Así que he intentado explicárselo pero no estoy convencida de que me haya creído.

Los ingleses, los que suelen llamar sus hijos Manzana, Col y Verano.
"Precioso Marley!"
Poner nombres que no son nombres si no frutos, estaciones, colores, apellidos y puntos cardinales, siempre ha sido una verdadera pasión para los anglófonos. Así que la idea de llamarla Marley ha sido acogida con enorme entusiasmo, incluida Mia que cree ser el nombre del padre de Nemo (que en realidad es Marlin). La tentación de un nombre exótico casi me había conquistado, sentirme un poco como Gwineth madre de Manzana, o como Kim, madre de Norte-Este. Marley que es un poco como Bob Marley pero también como el perro de Jennifer Aniston y Owen Wilson.

Los italianos a Barcelona, los reaccionarios.
"Marley es una cagada, ni siquiera es un nombre".
Los italianos que viven en Barcelona son cosmopolitas, ciudadanos del mundo, jóvenes dentro, viajan, son poliglotas. Pero ni de coña van a llamar mi hija Marley.
"Vale, y entonces Lola?"
"Bueno, mira que Lola también es bastante excéntrico para nosotros, al final Lola es Lolita, un poco putilla hablando claramente. Porqué no la llamas Michela?" (eso lo dijo Michela).

Los italianos en conexión desde la isla de Reunión.
"Has elegido el nombre?"
"No"
"Pues para mi Carlotta es perfecto" (esto lo dijo Carlotta).

Mi madre.
"He leído que Maya Sansa ha llamado su hija Talita"
Yo: "Maya quien?"
"Mira que no es feo, mejor que Nausica que le puede gustar solo a tu padre"

Los italianos desde Canarias.
"Talita? Si y Tiscesa". (juego de palabras con Subidas y Bajadas)

Todavía tenemos tiempo. Volvemos a empezar de cero, desde el primer nombre de la lista. Mabel por lo que ya tenemos registradas tres pronunciaciones diferentes: "Maibl" (el anglo-árabe), "Mabel" (yo), "ué Mabbél" (mamá)._TIW

 

April 13, 2016 /Daria Simeone
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