The Italian Wife

London explained by a very Italian villager adopted by a very multiethnic family

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Dove eravamo rimasti

February 26, 2018 by Daria Simeone

Il mio livello di salute mentale è inversamente proporzionale al numero di pellicciotti sintetici che compro. È un fatto. C’è chi per combattere l’ansia mangia, chi dorme, chi beve, e poi c’è chi ha i figli piccoli bulimici che si mangiano pure il piatto tuo (grazie alla mia amica Linda per avermi comprato quelli biodegradabili in modo che non gli restino troppo sullo stomaco), che in piena notte si svegliano come posseduti dal fantino Aceto del Palio di Siena e ti salgono sulla schiena facendo il verso della galoppata al trotto, e che appena ti concedi uno Spritz di troppo iniziano a spogliarti urlando tettaaaaaa tettaaaaaaa ad un volume sufficiente a rompere la barriera del suono, quella Corallina e quelle architettoniche, per assicurarsi che anche la bisnonna catalana seduta sulla panchina dall’altra parte della strada apprenda che diluisci il sacro latte materno con Aperol e prosecco (senza soda, pe’carità).

Quindi tolto il mangiare, il bere e il dormire non mi restano che i pellicciotti. Come una sorta di velata richiesta d’aiuto le mie amiche più strette ricevono mensilmente/settimanalmente le foto del nuovo pellicciotto via whatsapp e sono costrette ogni volta ad esprimere un giudizio – che in ogni caso ignorerò semmai dovesse essere critico - che è il loro modo per esprimermi vicinanza. Una di loro ieri – subito dopo aver inutilmente criticato il colore arancione del mio ultimo peluche – ha osato portare la conversazione su tematiche più profonde. Che si possono riassumere in “bilanci di vita di merda a 39 anni”. Poi dici perché compri un pellicciotto per ogni colore a Barcellona che fa un cazzo di caldo.

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Perché solo la loro sofficità e futilità mi salva dall’ansia dei bilanci di vita di merda a 39 anni (senza contare che i miei quest’anno saranno 40. Non contare, infatti.). E salva voi dal leggere della mia pesantezza irpino-decadente-quasi40enne. Non che questo blog debba far ridere per forza, ma non so se si possono stracciare le palle delle persone parlando per esempio di paura della morte in un blog che parla generalmente di cazzate, linguaggio gutturale di neonati e cibo di merda in quanto non italiano.
°°Audio di un messaggio di mia madre a caso: “Ma no ammamma, tu devi parlare anche delle tue paure, ci mancherebbe. E jà scrivilo un post sul fatto che stavi schiattando di paura venendo giù su uno slittino da neve, che mi hai fatto troppo ridere ahahahahah”°°. 😒

Insomma per 4 mesi non avevo molto da condividere e vi ho sparagnato questa uallera, ho riversato le mie ansie, paranoie, claustrofobie, slittino-fobie e pellicciotti sulle mie amiche-analiste. Ora sono tornata, abbracciatevi questa croce, cercherò di farmi leggiera leggiera. Alcuni dei miei pellicciotti, se avete freddo o paura di morire, li trovate presto su eBay. Mi siete mancati.

 

Where were we

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My level of mental health is inversely proportional to the number of faux fur coats I buy. It's a fact. There are those who fight anxiety over-eating, over-sleeping, over-drinking, and then there are those who have bulimic children who eat everything, even your plate (thanks to my friend Linda for buying us those biodegradable so that they are not too hard to digest), who in the middle of the night wake up possessed by Aceto the jockey of the Palio di Siena and climb on your back doing the trot and gallop, and who -as soon as you treat yourself to an extra Spritz -begin to pull your clothes off screaming "Boooob booooob" at a volume high enough to break the sound barrier, the Coralline one and the architectural ones, to make sure that even the Catalan great-grandmother sitting on the bench across the street is aware that you are diluting the holy mother's milk with Aperol and Prosecco (without soda, please).

So, if you take away the eating, drinking, and sleeping, the fur coats is all I have left. As a kind of veiled request for help my closest friends receive monthly / weekly the photos of the new fur coat via WhatsApp and are forced every time to give me a feedback - which I will ignore anyway if it's negative, but I take it as a manifestation of closeness.

One of them yesterday - immediately after having unnecessarily criticized the orange color of my last fluffy jacket - dared to take the conversation on deeper issues. Which can be summarized in "shitty life review at age 39". Then no wonder why you buy a fur coat for every color of the rainbow even in Barcelona, where it's so damn hot.

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Because only their softness and futility save me from the anxiety of shitty life reviews at 39 (not to mention that this year I will be 40. Do not mention it, in fact.). And it saves you from reading about my Hirpin-decadent-40-year-old heaviness. Not that this blog should make you only laugh, but I do not know if you can break peopleìs balls by saying things like "Oh I fear death btw" in a blog that generally talks about crap, newborns guttural language and shitty food because not-Italian.

°° Audio of a random message from my mother: "But no, sweetheart, you must also talk about your fears, that's normal. And come on, write a post about the fact that you were squealing with fear coming down on a snow sled, you made me laugh so much ahahahahah "°°.
😒

So for 4 months, I spared you this uallera (it's more than heaviness, a kind of a hernia), I poured out my anxieties, paranoia, claustrophobia, sledding-phobias and faux furs on my friends-analysts.

Now I'm back, embrace this cross, I'll try to make myself as light as I can. Some of my fur coats, if you're cold or you fear death, you will find them soon on eBay. I missed you.

 

Donde estábamos 

Mi nivel de salud mental es inversamente proporcional al numero de abrigos de pelo sintéticos que compro. Es un hecho. Hay quien para combatir la ansiedad come, quien duerme, quien bebe, y luego están los que tienen hijos pequeños bulímicos que se comen hasta tu proprio plato (gracias a mi amiga Linda por haberme comprado esos biodegradables así que pueden ser digeridos mejor) , que en plena madrugada se despiertan como poseídos por el jinete Aceto del Palio de Siena y trepan por tu espalda como si estuvieran galopando, y que en cuanto te concedes un Spritz demás empiezan a desnudarte gritando tetaaaaatetaaaaa con un volumen alto lo suficiente para romper la barrera del sonido, la Coralina y las arquitectónicas, asegurándose que hasta la abuelita catalana sentada en el banco de enfrente sepa que diluyes la sagrada leche materna con Aperol y Prosecco (sin soda, por supuesto!).

 

Así que quitando lo de comer, beber y dormir no me quedan que los abrigos de pelo. Como una especie de grito de auxilio, mis amigas másíntimas reciben mensualmente/semanalmente las fotos del nuevo abrigopor WhatsApp y cada vez están obligadas a dar una opinión – que voy a ignorar por si fuera negativa- que es su manera de expresar su cercanía. Una de ellas ayer – justo después de criticar el naranja de mi últimopeluche – se atrevió a llevar la conversación a temas mas profundos. Que se pueden resumir en “balances de vidas de mierda con 39 años”. Y luego te preguntas porqué compras un abrigo de pelo de cada color si en Barcelona hace un calor que te cagas.

Porque solo su suavidad y futilidad me rescata de la ansiedad de hacer balances de la vida de mierda con 39 años (sin mencionar que este año serán 40. Pues eso, no lo menciones). Y salva a ustedes del leer mi pesadez irpino-decadente-casi40ñera. No es que este blog tenga que ser obligatoriamente gracioso y divertido, pero no se puede agobiar a la gente hablando por ejemplo del miedo a la muerte en un blog que trata generalmente de tonterías, lenguaje gutural de los recién nacidos y de comida de mierda porque no italiana. 

Sonido de un mensaje al azar de mi madre: “Que no ammamma, tú tienes que hablar también de tus miedos, claro que sí. Venga, escríbelo un post sobre el miedo a la muerte que tuviste bajando con un trineo, me reí muchísimo, jajajajaj”.😒
Total que durante 4 meses no tuve muchos temas que compartir con ustedes y os he ahorrado este coñazo, he volcado mis ansiedades, paranoias, claustrofobias, trineos-fobias y abrigos de pelo en mis amigas-analistas. Ahora he vuelto, abrazad esta cruz, intentaré ser leve. Algunos de mis abrigos, si tenéis frio o miedo a morir, lo encontrareis pronto en eBay. Os he echado de menos.

 

February 26, 2018 /Daria Simeone
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Barcellona, io invece ho paura

August 26, 2017 by Daria Simeone

Il momento clou della mia settimana di ferragosto è stato quando sono riuscita a far mangiare una tortilla di patate a mio cugino integralista vegano Gigio in visita. E l'averlo fotografato, contestualmente, per diffondere la notizia e possibilmente evitare, così, che rompesse il cazzo in futuro con la sua dieta stitica. Anche il fritto a Barcellona è irresistibile, fa miracoli.
Non mi aspettavo nessuno stravolgimento più grande di questo. 

Giovedì 17 era un giorno qualunque, anzi meglio di un giorno qualunque. Non dovevo lavorare, potevo fare shopping con Giorgia, la moglie (VEGETARIANA) di mio cugino vegano sulla Rambla alla ricerca di una spilla d'oro di Toledo e mi ero comprata l'ennesimo pellicciotto vegano rosa, nonostante i 38 gradi e il 99% di umidità.

Poi sono arrivati loro, mentre riportavo le mie bimbe a casa dopo l'asilo-nel-parco. Terroristi o più banalmente delle teste di cazzo, alcuni di loro probabilmente ancora nel pieno disagio sfigato dell'adolescenza, che si sono arrogati il diritto di rovinarci la vita, per giunta nel nome di un dio che ovviamente conoscevano meno di me che sono atea.


Meno di un minuto. E non siamo stati più gli stessi.

 

Non ce lo aspettavamo, hanno detto in tanti.

Io me l'aspettavo. Io me lo aspetto ogni giorno.
Ogni volta che quel gruppo di musicisti bellissimamente rattoppati e scapigliati suona in Plaza del Mar con la spiaggia alle spalle.

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Ogni volta che quei pazzi sudatissimi dell'associazione Ballo Swing accendono lo stereo portatile e si mettono a ballare vicino al mare, tra la gente.

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Ogni volta che i bambini al parco si lanciano di testa nelle bolle di sapone arcobaleno soffiate da un punkabbestia.
Ogni volta che la luce sul mare si fa celeste e rosa e ci fa sembrare tutti abbronzatissimi.
Ogni volta che c'è troppa bellezza, troppa allegria. Ogni volta che mi fermo a guardarla, Barcellona, ed è sempre così piena di vita e di tutto da far rosicare chiunque non sappia dare valore alla vita, come questi che hanno fatto del rompere il cazzo alla gente una missione divina. 

Io non ho paura, dicono tutti.

Io invece sì che ho paura. Io mi caco proprio sotto dalla paura. Ho così paura che il 17 pomeriggio mi sono chiusa in casa e quando sono scesa al supermercato pachistano - assediato da gente sospetta che si è rivelata essere solo una comitiva di napoletani troppo abbronzati - ho valutato l'acquisto di scorte da bunker. Ho desistito solo perché non avevano neanche una marca di caffè decente e della Barilla avevano solo le penne lisce. Posso mai passare il resto della mia vita a mangiare penne lisce e a bere caffè di merda?

Poi sono uscita, fottendomi dalla paura ma sono uscita.
Sulla Rambla, a Plaza Catalunya, alla Barceloneta, al Born. Noi forse non eravamo più gli stessi, ma c'era ancora troppa bellezza (e troppo fritto), per chiudersi in casa.

La paura, anche quella c'era, ma non del terrore.

La paura vera è che la musica si fermi, che la gente smetta di ballare, che i bambini non abbiano più bolle di sapone in cui saltare. E di finire - dopo una settimana di veganisimo forzato - a mangiare penne lisce per tutta la vita._TIW

Barcelona, I am actually afraid

The highlight of my mid-August week was getting my integralist vegan cousin Gigio to eat a tortilla while he was here visiting. And taking a photo of that solemn moment in order to use it, in the future, to stop him from bothering us ever again with his stingy diet. Barcelona's deep fried food is miraculous.
I didn't expect any other turmoil bigger than that.  

Thursday the 17th was an ordinary day, it was actualy better than an ordinary day. I didn't have to work, I could go shopping with my vegan cousin's (VEGETARIAN) wife Giorgia on the Rambla looking for a Toledo's gold broochand I had bought for my self another vegan pink fur, despite the 38 degrees and 99% humidity.  

Then they arrived, while I was taking my daughters home from their nursery-in-the-park. Terrorists or, more simply, dickheads - some of them probably still going through some teenagers jinxs - that entitled themselves to ruin our lives, on top in the name of a god that they certainly knew less than I do, and I'm an atheist.   
Less than a minute. And we were not the same anymore.

We didn't expect it, many said.

I did, I expect it every single day.
I expect it every time that those beautifully scruffy band of musicians play on Plaza del Mar where the beach begins. 

Every time that those crazy and sweaty dancers of the Swing association put their portable stereo down and start dancing by the sea, surrounded by people.

I expect it when the kids in the park dive head first into the huge iridescent bubbles blown by homeless people. 

I expect it at the sunset hour when the sky becomes blue and pink making us all look very suntanned.

I expect it every time there's too much beauty, too much joy. Every time that I stop to look at Barcelona, and I find it so full of life and everything else that surely upsets those that don't value life, like these unhappy people that made a holy mission out of breaking people balls.  

I'm not afraid, everybody says. 

Damn, I am! I'm literally shitting myself from the fear. On the 17th's evening I locked myself in my house and when I went to the Pakistani shop downstairs - full of suspicious people that ended up being a group of extremely tanned Neapolitans) - I considered to stock up food supplies for a stay in a bunker. I decided not to only because they only had bad coffee and penne lisce. Can I spend the rest of my like eating penne lisce and drinking shitty coffe?

Then I went out, in fear but I did go out.
Maybe we were not the same anymore, but there was still too much beauty (and deep fried food) to lock ourselves at home. 
There was fear too, of course, but not of terror.
The real fear was that the music would stop, the people would not dance anymore, the kids wouldn't find any more bubbles. And to end up - after the past week of forced veganism - eating penne lisce for the rest of my life._TIW

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Barcelona, yo sì que tengo miedo

Mi gran momento de la semana del 15 de agosto fue cuando he conseguido que mi primo vegano integralista Gigio se comiera una tortilla de patatas estando aquí de visita. Y conseguir una foto del momento para avisar a todo el mundo y así posiblemente evitar futuros coñazos con su estreñido régimen alimenticio. La fritura en Barcelona también es irresistible, puede hacer milagros.

No me esperaba ningún otro gran acontecimiento. El jueves 17 era una día cualquiera, no, mejor que un día cualquiera.

No tenía que trabajar, podía irme de compras en la Rambla con Giorgia, la mujer (VEGETARIANA) de mi primo vegano, en búsqueda de un broche de oro de Toledo y me había comprado el enésimo abrigo vegano rosado no obstante los 38 grados y el 99% de humedad. Y luego han llegado ellos, mientras llevaba mis hijas a casa después del campamento en el parque. Terroristas o más simplemente jillipollas, algunos de ellos probablemente aún en pleno malestar de adolescente, los cuales se han apropiado el derecho de arruinarnos la vida en nombre de un Dios que obviamente conocen menos que yo que soy atea.

 

Menos de un minuto. Y no hemos vuelto a ser los mismos.

 

No nos lo esperábamos, han dicho muchos.

 

Yo si me lo esperaba. Me lo espero todos los días.

Cada vez que aquel grupo de músicos tan hippie y descabellados suena en Plaza del Mar con la playa de fondo.

Cada vez que esos adorables locos sudados de la Asociación Bailo Swing encienden el estero portátil y empiezan a bailar cerca del mar, entre la gente.

Cada vez que los niños en el parque se lanzan de cabeza en las pompas de jabón de arco iris soplados por un tierno sin techo.

Cada vez que la luz sobre el mar se hace celeste y rosado y hace que todos parezcamos súper bronceados.

Cada vez que hay demasiada belleza, demasiada alegría. Cada vez que me quedo mirando Barcelona y es siempre tan llena de vida que se vuelve molesta para el que no sabe dar valor a la vida, como esos que han transformado el amargar la vida de los demás en una misión di  vina.

Yo no tengo miedo dicen todos.

Pues yo sí tengo miedo. Tengo tanto miedo que la tarde del 17 me he encerrado en casa y cuando bajé al súper pakistaní - invadido por gente sospechosa que finalmente era un grupo de napolitanos demasiado bronceados - he estado pensando en comprar comida para almacenar en un búnker. Al final he pasado de la idea únicamente porque no tenían ni una marca de café decente y de la Barilla tenían solo las plumas lisas: ¿puedo pasar el resto de mi vida comiendo plumas lisas tomando un café de mierda?

 

Así que he salido a la calle, totalmente asustada pero saliendo a la calle.

En la rambla, en Plaza Catalunya, en la Barceloneta, hacia el Born. Tal vez nosotros ya no éramos los mismos pero aún había demasiada belleza (y demasiada fritura) para encerrarse en casa.

El miedo también estaba con nosotros pero no del terror y de los terroristas.

El verdadero miedo es que pare la música, que la gente deje de bailar, que los niños no tengan más pompas de jabón donde saltar. Y, después de una semana de veganismo obligado, de acabar comiendo plumas lisas para toda la vida._TIW

August 26, 2017 /Daria Simeone
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La Grande Febbre delle figlie, ovvero il Peggio di Me

March 07, 2017 by Daria Simeone

Da tre anni per noi marzo non esiste. Cioè, esiste purtroppo, ma noi non esistiamo per il mondo, perché è il mese della Grande Febbre. Di Mia. Poi del padre. Poi la mia. Poi di nuovo di Mia, e via così. Quest'anno, che nell'algoritmo influenzale è entrata anche quella pallina magna-tutto di Viola con il suo bagaglio altamente infettivo da bavosa-raccatta-batteri di 6 mesi, l'epidemia è esplosa in anticipo.

Sono tre settimane che sono prigioniera nella nostra casa-Lazzaretto a lavorare, con queste due. Abbiamo perso il senso dello spazio e del tempo (ma sappiamo dalle urla notturne degli avventori anglofoni ubriachi del bar sotto casa che, orientativamente, è primavera). La mia amica Adele mi ha fatto notare che le ho scritto 3 volte in 3 giorni la stessa cosa. La pagella del secondo trimestre di Mia era praticamente una rivendicazione della scuola a riavere indietro la bambina, con minaccia velata di chiamare i servizi sociali. O almeno così ho interpretato quello che c'era scritto in catalano.

Mia si è persa tutte le feste di carnevale. Poco male per noi che ci travestiamo tutti i giorni. Da Super Girl per andare dal dottore coi superpoteri nel caso ci fosse bisogno di neutralizzarlo mentre infila la paletta di legno in gola. Da Cenerentola per andare a bere un drink al bar sotto casa, che con quelle scarpette di cristallo è meglio non andare troppo lontano che non si sa mai. Da ballerina, ma "di seconda fila", ai compleanni degli altri per non rubare la scena. Da Sirenetta per andare in spiaggia a raccattare munnezza di plastica come fanno le Sirenette ecologiche di oggi. Da Biancaneve quando mamma è una stronza ecc. 

Allora, in queste tre settimane di prigionia batteriologica, ho lasciato che ogni giorno si vestisse con un costume diverso. Le ho persino lasciato spazzolare le mie parrucche preferite.

Ho lasciato che mangiasse lo yogurt sul tappeto.

Ho lasciato che mangiasse pure il gelato sul tappeto.

Ho lasciato, e no la zuppa arancione sul tappeto col cazzo.

Ho lasciato che la televisione ipnotizzasse entrambe con i video inquietanti di: mani che scartano ovetti di cioccolata, Uomini Ragno incinti, Elsa di Frozen versione Stephen King che ammazza l'Uomo Ragno Incinto...

Ho lasciato che vedessero Peppa Pig in russo e Dora l'esploratrice in francese. E chi mi conosce sa quanto questo può essermi costato.

Ho lasciato che giocassero tra le mie gambe mentre lavoravo, che - in una casa con 4 stanze e due cessi, - è sempre stranamente il posto più comodo.

Ho lasciato che disegnassero su un intero rotolo di fogli Ikea, quello che sarà lungo 7 km e che ai bambini normali con madri organizzate dura un anno o due.

Ho lasciato, finito il rotolo, che disegnassero sui muri.

Ho lasciato che quella di 6 mesi, nel suo gattonare all'indietro lasciando una scia di bava, finisse incastrata sotto divani e sedie. Finché la sorella grande non mi gridava: INCASTATA!

Ho lasciato che si addormentasse da sola, parlando parlando, a faccia a terra sul tappeto. Ma anche sulle piastrelle.

Ho lasciato che il peggio di me prendesse il sopravvento, dicendo tutte le cose che non si dicono ai figli: smettila o ti porto dal dentista/poliziotto; se non ti lavi i denti ti cadono tutti; ti vengono gli animaletti sotto i vestiti se non entri in doccia; non andare di là che c'è un MOSTROOOO; mangia 'sti ceci che ci sono bambini che non hanno niente da mangiare; non sei più mia figliaaaa (a cui Mia - confusa - risponde sempre E IO NON SONO più TUA MADREEEE).

Ho risposto "ma è bellissimo amore" ogni volta che Mia mi chiedeva di guardare qualcosa, senza neanche guardare di cosa stesse parlando. "Ma mamma ti ho chiesto se un cane può avere un culo da sirena!". "Bellissimo amore!". "Ma mamma, guarda questo cane!" "Bellissimo amore!" eccetera.

Ma poi arriva la sera (e il padre), e mentre dormono tutte e due - con quei pugnetti tondi stretti stretti, o a quattro di bastoni occupando un letto a due piazze - io vado ad annusarle in quell'angolino caldo di pelle e capelli tra il collo e l'orecchio, compiendo quel rituale un po' animale che immagino fare a tutte le vacche, cavalle, scrofe-mamme nelle stalle. Quella annusata di collo che, come ha detto qualcuno ben prima di me e meglio di me, "gliela dai quando dorme, di soppiatto, che l’amore di una mamma è bene che resti un po’ segreto, un po’ clandestino". Io non so perché lo faccio, ogni notte. Forse per fare pace, per chiedere scusa, per sussurrare che ci sono e ci sarò sempre. Forse lo faccio per ricordarmi da dove vengo e chi sono, per ritrovare il meglio di me. E comunque le ho annusate. E ovviamente puzzavano proprio di stalla. Mi pare il minimo._TIW

The Great Flu, and The Worst of Me

For the last 3 years March didn't exist for us. I mean, the month does exist unfortunately, but we don't exist for the rest of the world in this month. Because it's the month of the Great Flu. Mia's. Then Daddy's. Then Mine. Then Mia's again and so on. This year that "fat-ball-Viola-that-eats-everything" came into the flu algorithm, with her highly infective baggage typical of a 6 months old, the epidemic exploded earlier.  

It's been 3 weeks now that I'm prisoner of my own house, working while looking after these two. We've lost the sense of space and time (but from the drunk Anglophones screaming at night from the bar downstairs we guess it's nearly spring time). My friend Adele pointed out that I sent her the same message 3 times in 3 days. And Mia's school report for this trimester is basically a claim from the teachers to take the child back to school, together with a subtle threat of calling the social services if we don't. Or at least that's what I roughly understood from the Catalan.

Mia missed all the Carnival parties. Not too bad considering that we wear fancy dresses every day anyway. As Super Girl to go to the doctor with superpowers, in case he needs to be neutralised while he puts that wooden stick into our mouth. As Cindarella, to go grab a drink at the bar downstairs, coz with those glass shoes you don't want to go too far, you never know. As Ballerina, but as a background dancer rather than first ballerina, at other people's birthday parties - not to steel the show. As mermaid to go to the beach to collect plastic rubbish like nowadays mermaids do. As Snow White when mummy is a bit of a bitch and so on... 

So, in these 3 weeks of bacterial imprisonment I let her wear a different fancy dress every day. I even let her brush my favourite wigs. 

I let her eat the yoghurt on the carpet.

I let her eat even the ice cream on the carpet.

I let her... HELL not the orange soup on the carpet.

I let the tv hypnotise the 2 of them with disturbing videos of: hands that unwrap chocolate eggs, pregnant Spidermen, Elsa from Frozen restyled by Stephen King that tries to kill pregnant Spiderman...

I let them watch Peppa Pig in Russian and Dora The Explorer in French, and who knows me should know how much that has costed me.

I let Mia and Viola play between my legs while I was working, because - in a 4 rooms 2 bathrooms  flat, - it is strangely always the most comfortable place.

I let them draw on a whole Ikea paper roll, the one that is like 7 km long and that with normal kids and organised mothers can last up to 1-2 years. 

I let them, once the roll was finished, draw on walls.

I let the 6 months old, with her crawling backwards leaving a trail of slime, get stuck underneath sofas and chairs until her older sister would shout at me: STUCK!!!! 

I let her fall asleep, while chatting to herself, face down on the carpet. But also on tiles.

I let the worst of me take over, saying all the things you shouldn't' say to your children: stop it or I will take you to the dentist/policeman; if you don't brush your teeth they will fall; if you don't have a shower little creatures will come underneath your clothes; don't go there, there might be a MONSTERRRRR; eat these chickpeas, there are kids that don't have anything to eat; you are not my daughter anymore!!! (to which Mia - confused - always replies AND I'M NOT YOUR MOTHER ANYMORE!!).

I replied "wow, it's beautiful, my love" every time Mia asked me to look at something, without even looking at what she was talking about. "But mummy I asked you if a dog can have a bottom like a mermaid!. "Beautiful my love!". "But mummy, look at this dog!" "Beautiful my love!" and so on.

But then comes the night (and their father), and while they are both asleep - with those round little fists closed, or taking up the space of a whole double bed, - I go to smell them, in that little warm corner of skin and hair between the neck and the ear,  performing that animal ritual that I immagine all the cows, mares and sows do every night with their puppies in the shed. That sniff of neck that, as somebody else said before me and better than me, happens while they sleep, because motherly love has to be a bit secret, a bit clandestine. I don't know why I do it,  every night. Maybe to make peace, to apologise, to whisper that I will always be here. Maybe I do it to remember who I am, to recover the best of me.

 Anyway, I smelled them. And they stunk, just like a cowshed. Of course._TIW

March 07, 2017 /Daria Simeone
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Con Frens e Linda 

Con Frens e Linda 

Quello che i corsi pre-parto non dicono: ci vorrebbe un amico

May 23, 2016 by Daria Simeone

Dieci giorni fa sono andata al corso pre-parto dal quale l'ostetrica mi aveva arbitrariamente escluso perché, "dopo aver partorito una volta, dovresti già sapere quello che ti aspetta". Ma dal momento che la mia prima volta è stata a Londra e la seconda sarà a Barcellona, e considerando che parlo lo spagnolo aggiungendo una S alla fine di ogni parola italiana, ho ben pensato di andare ad imparare almeno come si dice: "spingi", "fatemi un'epidurale cazzo!", "aiuto" e "ok, allora fatemi un cesareo".

Le mie compagne di corso sono poco più che ventenni e sono fondamentalmente delle entusiaste: "Ma come si distinguono le contrazioni del parto dai movimenti fetali?" ha chiesto una. Insomma c'era grande ottimismo in quella stanzetta del centro civico della Barceloneta che si affaccia sul mare.
Le primipare si sono emozionate assai quando l'ostetrica ha descritto la caduta del "tappo" vaginale come IPOTETICO inizio del parto; non sanno che da quel momento potrebbero trascorrere 7-10 giorni a cercare inutilmente di provocarsi il travaglio mangiando curry e ananas, bevendo infusi di foglie di lampone alternato a Gaviscon e facendosi venire le emorroidi saltando col culo sulla palla per pilates.
Sorridono innamorate quando vedono le illustrazioni che spiegano come il compagno massaggerà i loro fondoschiena durante le contrazioni: "ecco tutto quello di cui ho bisogno - dicono - l'anestesia giammai"; non immaginano di quando vorranno barattare il compagno e anche la loro madre per un'epidurale ben assestata.
Mostrano una curiosità entusiasta persino quando l'ostetrica ci fa vedere foto raccapriccianti del famigerato "massaggio del perineo", quello secondo cui periodicamente, con l'aiuto di entrambi i pollici, dovremmo far fare stretching al nostro organo riproduttivo. Per carità, la mia amica Giulia (a cui ho messo un nome di fantasia perché credo non le faccia piacere essere immaginata nell'azione di pollice di cui sopra) mi ha assicurato che a lei è servito a non avere un'episiotomia. Ah ecco, l'unico momento in cui le primipare mostrano sincero sgomento è quando l'ostetrica sommessamente ammette che potrebbero subire un taglio dal pube al buco del culo.

Con Pier e la Guiness al pub

Con Pier e la Guiness al pub

Ma da questo corso pre-parto mi sarebbe servito sapere altro. Quello che una mamma (io) direbbe a una futura mamma (sempre io). Ad esempio:

Antonietta e Mia

Antonietta e Mia

- butta nel cesso il piano di parto hippie in cui prometti di usare come unico antidolorifico l'acqua della vasca da bagno e l'aroma terapia. Si vincesse almeno una medaglia, un viaggio, un motorino, una batteria di pentole;
- che allattare è molto bello - dopo le prime due settimane di strazio - ma se non lo fai tuo figlio campa felice lo stesso;
- che appena arriverà questa nuova piccola persona nella tua vita, nella tua casa e nel tuo letto, forse ti domanderai: "e adesso che faccio cazzo?". Ed è normale così, saranno gli ormoni che lasciano troppo velocemente il tuo corpo, sarà la paura di non essere grande abbastanza da essere madre quando ci si sente ancora figlia, sarà che hai solo bisogno di un abbraccio.
- e non sottovalutare il bisogno, oltre che di un abbraccio, anche di una teglia di pasta al forno da dividere in porzioni e mettere in freezer perché per una settimana non avrai voglia e tempo di cucinare. Quindi quando la tua amica Lilly te la porta, non fare i complimenti: accetta e abbraccia anche lei. Ti ha fatto un regalo preziosissimo. Se a 'sto giro me la fa per 2 settimane ancora meglio.
- che la maternità non ti trasforma in un supereroe, quindi fatti aiutare. Conta sugli amici. Su quello scassacazzi di Daniele che, il giorno dopo il parto, ti è venuto a portare i fiori ma anche a parlare di lavoro per riportarti con i piedi per terra; su Linda e Frens che hanno mollato i loro pupi per venire a farti vedere la posizione del bimbo-missile che fa passare le colichette; su Jay con cui hai messo Mia nel marsupio per la prima volta, dimenticando di allacciare la cintura di sicurezza; su Rosanna che quando l'hai chiamata per dirle "vorrei mollare tutto e scappare" ti ha detto "tranquilla, l'ho pensato pure io. Respira"; su Antonietta e Gabriella che ti hanno aiutato a portare il passeggino giù per le scale e a salire sul bus; su Dita che ti ha insegnato la posizione palla da baseball per allattare; su Pier con cui hai bevuto la prima birra post poppata. 
- che bisogna uscire. Quanto prima, col marsupio, col passeggino, anche se a Londra piove, anche se a Barcellona c'è troppo sole. Per re-imparare a fare le cose di sempre con una persona in più nella tua vita.
- che tutti quegli amici a un certo punto non ci saranno - dovranno poi anche tornare a lavorare - e allora magari qualche volta puoi uscire con alcune di quelle entusiaste insopportabili delle tue compagne di corso pre-parto. Non diventeranno necessariamente tue amiche, ma credimi, non sono poi così diverse da te. 

Ps. Ricorda che in fondo anche tu sei stata un'ottimista: tre anni fa, al settimo mese credevi di avere le contrazioni soltanto perché a tua figlia, che sarebbe rimasta nella tua pancia per altri due mesi, era venuto il singhiozzo.

Ps2. L'ostetrica dice cazzate. Anche se hai già partorito non sai mai quello che ti aspetta. Ma pure io, in fondo, sono un'ottimista e sono certa che anche questa volta ti piacerà._TIW

 

What antenatal classes don't tell you: you need a friend

Con Dita

Con Dita

Ten days ago I went to an antenatal class where the midwife automatically excluded me "if you have already given birth once, you should know what to expect". But since my first time was in London and the second time will be in Barcelona, and since I speak Spanish by adding an S to Italian words, I thought I'd go. At least to learn how to say: "push", "give me a bloody epidural!", "help" and "ok, take me to have a c-section".  

A Camden Town con Gabri

A Camden Town con Gabri

My classmates are in their 20s and basically very enthusiastic. "How do you recognise contractions from the baby's movements?" one of them asked the midwife. So, there is a big big optimism in the room in the civic centre of Barceloneta with a sea view.
The primipara got very emotional when the midwife mentioned the "show" that could mean the start of the labor; they don't know that after that, they could spend up to 7-10 days trying, in vain, to trigger their labor eating curry and pineapple, drinking raspberry's infusions and Gaviscon, or bouncing on swiss balls and ending up with haemorrhoids.
They smile in love when they see the illustrations that show how their partners will massage their lower back during labor: "that's all I want - they say - no anaesthetic would be better than this"; but they can't imagine the moment when they would exchange their partner AND their own mother for a good ol' epidural. 
They show an enthusiastic curiosity even when the midwife shows us creepy photos of the so-known "perineal massage", where we should, with the two thumbs, stretch our reproductive organ as much open as possible. Although I have to say that my friend Giulia (name has been changed coz I don't think she would like to be imagined while she works down there with her thumbs) ensured me that the massage saved her from having an episiotomy. Oh, right, the only thing that freaked out the primipara is when the midwife admitted that they could be cut from the pube to the bum hole.

Well, from this antenatal class I would have like to hear something different. Something that a mother (me) would tell a future mother (me again). For instance:

Daniele

Daniele

- throw your hippie birth plan where you promise you will only use the water of the birth pool and aroma therapy as painkillersin the toilet. You won't win any medal, any holiday, not even a moped. 
- breastfeeding - after the first two weeks of absolute pain - it is beautiful, but if you don't feel like doing it it's ok, your child will live a happy life anyway; 
- as soon as this little person will come into your life, your home, your bed, you will think: "Shit! what the hell am I going to do now?". That's ok, maybe the hormones are leaving your body too quickly, maybe you are afraid that you are not big enough to be a mother while you still feel like a daughter, or you might just need a hug. 
- don't underestimate the need, not just of a hug, but also for a tray of baked pasta that you can slice in portions and put into the freezer to eat it for a whole week. So when your friend Lilly brings it to you don't pretend you don't need it. Accept it and hug her tight. She just gave you a very precious gift. 
- motherhood doesn't make you a superhero, so let people help you. Count on your friends. On Daniele, that the day after you gave birth brought you flowers but also talked to you about work to bring you back to reality; on Linda and Frens that left their babies at home to come to visit you and teach you the baby-missile position that helps with the colics; on Jay that helped you putting Mia in a sling for the first time (forgetting the security belt); on Rosanna that when you phoned her to tell her "I'd just run away" told you "don't worry, I thought the same. Just breath"; on Antonietta and Gabriella that helped you taking the pushchair down the stairs and get on the bus; on Dita that taught you the baseball position to breastfeed; on Pier that took you to the pub for a beer;
- that you need to go out. As soon as possible, with the sling or the pushchair, even if, in London, it's raining, even if, in Barcelona, the sun is too hot. To re-learn how to do the usual things, now with a new person in your life. 
- that all of those friends at some point won't be there for you - they surely need to go back to work - so maybe you could also go out, sometimes, with those unbearable antenatal classmates. They won't become your friends necessarily, but trust me, they are not so different from you.

Ps. Remember, you have been an optimistic as well: 3 years ago, when you were 7 months pregnant, you thought you were in labor just because your baby - that was going to stay in your stomach for 2 more months - had hiccup. 

Ps2. The midwife talks crap.  Even if you have already given birth, you never know what to expect. But I'm an optimistic too and I'm pretty sure that this second time you will love it again._TIW

 

 

Lo que las clases de preparación al parto no cuentan: te va a hacer falta un amigo

Hace diez días fui a las clases de preparación al parto aunque la matrona me había automáticamente excluida ya que "habiendo ya dado a luz, deberías saber lo que te espera". Pero visto que mi primera vez fue en Londres y la segunda en Barcelona, y teniendo en cuenta que mi español se limita a añadir una S al final de palabras italianas, me he decidido en ir sea solo para aprender cómo se dice: "empuja", "ponme la jodida epidural", "ayuda" y "vale , háganme la cesárea". Mis compañeras de clase son unas veinteañeras y encantadas con todo: "Y como podré distinguir las contracciones de los movimientos fetales?" ha preguntado una de ella. Vamos que había un gran optimismo en aquella habitación del centro de la Barceloneta con vistas al mar. Las primiparas se han emocionado mucho cuando la matrona ha descrito la pérdida del tapón vaginal como HIPOTETICO comienzo del parto; no saben que desde ese momento podrían pasarse 7-10 día buscando inútilmente la manera de provocarlo comiendo curry y piña, tomando infusiones de hojas de frambuesa alternadas al Gaviscon para la acidez de estómago y con almorranas causadas de tanto saltar con el culo sobre la pelota de pilates. Con una sonrisa enamorada miran las imágenes que explican cómo su pareja le dará masajes en la espalda durante las contracciones: "esto es todo lo que necesito - afirman - la anestesia de ninguna manera"; no prevén de cuando querrán intercambiar su pareja y su misma madre por una epidural bien clavada. Su alegre curiosidad sigue en pie hasta con las espeluznantes fotos del masaje del perineo, aquel que con el ayuda de ambos pulgares debería ablandar y estirar nuestro órgano reproductivo. Por supuesto que mi amiga Giulia (nombre de fantasía porque creo que no le apetezca ser imaginada mientras hace trabajar sus pulgares) me ha asegurado que hacerlo le ha permitido no sufrir una episiotomía. Ah si, el único momento en que las primiparas muestran verdadero agobio es cuando la matrona admite que podrían hacerle una raja desde arriba hacia abajo. Pero al acabar la clase, hubiera necesitado saber otras cosas. Aquello que una madre (yo) diría a una futura madre (otra vez yo). Por ejemplo: ⁃ tira al retrete tu plan de parto hippies en el que prometes usar como único analgésico el agua de la bañera y la aroma terapia. Ni que ganáramos una medalla, un viaje, una moto, una batería de cocina; ⁃ Que amamantar es muy bonito - después de pasar dos semanas horribles - pero si no lo haces tu hijo vivirá igual de feliz; ⁃ que cuando llegará esta pequeña criatura a tu vida, en tu casa y en tu cama, probablemente te preguntarás: "y ahora que coño hago?". Y esto es normal, es por las hormonas que dejan tu cuerpo demasiado rápidamente, es por el miedo a no ser bastante grande para ser madre cuando aún te sientes hija. O será porque únicamente necesitas un abrazo. ⁃ Y no subestimes la necesidad, además del abrazo, de una bandeja de pasta al horno dividida en porciones para congelar ya que durante una semana no tendrás ni ganas ni tiempo de cocinar. Así que cuando tu amiga Lilly te la trae no hagas cumplidos: acéptala y abraza a ella también. Te acaba de hacer un regalo muy valioso. Y si esta vez me la hace para que dure 2 semanas, aún mejor. ⁃ Que la maternidad no te transforma en un superhéroe así que deja que te ayuden. Cuenta con los amigos. Con aquel pesado de Daniele que, al día siguiente de dar a luz, vino a traerte un ramo de flores pero también vino a hablarte de trabajo para que pusieras los pies en la tierra; cuenta con Linda y Frens que dejaron sus peques para ir a verte y enseñarte la posición del bebé-cohete que resuelve los cólicos del lactante; cuenta con Jav con el que por primera vez pusiste Mía en la mochila canguro olvidándote de amarrarla; cuenta con Rosanna que cuando la llamaste para decirle "me gustaría dejarlo todo y huir" te ha contestado "tranquila, yo también lo pienso. Respira."; con Antonietta y Gabriella que te han ayudado a bajar el carro por las escaleras y a subir al bus; con Dita que te ha enseñado la posición pelota de rugby para amamantar; con Pier con el que bebiste la primera cerveza post parto. ⁃ Que debes salir. Cuanto antes, con la mochila canguro, con el carro, aunque en Londres llueva, aunque en Barcelona haga demasiado sol. Para volver a aprender a hacer las cosas cotidianas con una persona más en tu vida. ⁃ Que todos esos amigos no estarán siempre - tendrán que volver a trabajar - y entonces alguna vez podrás salir con algunas de aquellas insoportablemente entusiastas de tus compañeras del curso prenatal. No necesariamente serán tus amigas, pero créeme, no son tan diferentes de ti. ⁃ P.S. Recuerda que en el fondo tú también has sido una optimista: hace tres años, al séptimo mes de embarazo, creías tener contracciones solo porque tú hija, que iba a quedarse dos meses más en tu barriga, tenía hipo. ⁃ P.S.2. La matrona dice tonterías. No obstante hayas dado a luz una primera vez, nunca sabes lo que te espera. Pero yo también en el fondo soy optimista, así que estoy segura que también esta vez te gustará._TIW

May 23, 2016 /Daria Simeone
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Nel nome del padre, del nonno, di Allah e della Catalogna

April 13, 2016 by Daria Simeone

Mia, ti piace il nome Viola per la sorellina?
No, pink!
Ah ok, e Marley?
Sì sì! E' il papà di Nemo!

Interpellare tua figlia duenne per decidere il nome di sua sorella non è una buona idea. Soprattutto se sei avellinese, fidanzata con un anglo-arabo e ti sei appena trasferita a Barcellona e quindi nella scelta sono già più o meno coinvolti soggetti provenienti da Londra-Regno Unito, Khartum-Sudan, Barcellona-Catalogna, Avellino-Irpinia e mamma da Benevento.

Se volessimo tenerci sul nome italiano: Viola diventerebbe Biola per i catalani e Vaiola per gli inglesi; se volessimo tenerci sull'arabo: Aia diventerebbe una cotoletta di pollo per gli avellinesi; se volessimo tenerci sull'inglese: Marion diventerebbe Mario per mia madre. E se volessimo omaggiare la nostra nuova patria catalana con un Gal·la tutti gli altri sarebbero estremamente confusi dal puntino. Per questo ci eravamo augurati che fosse maschio, perché avevamo già deciso che si sarebbe chiamato Ziggy, nel nome di Bowie e senza minimamente tener conto di quanto lo avrebbero preso per il culo a scuola e poi PER SEMPRE.

Con la prima figlia ci siamo tenuti due nomi fino alla fine, Mia e Andrea, dopo aver scartato Bianca perché rischiava di non esserlo, Uma perché col cognome Makki avrebbe formato quasi un Uramaki, e Nina perché nell'appello a scuola sarebbe diventata MakkiNina. La scelta di Mia, alla fine, è stato un golpe sacrosanto attuato mentre io ero in anestesia totale. Questa volta viaggiamo con una lista di oltre 20 nomi, di cui il 70 per cento impronunciabili. Una lista, per intenderci, che inizia con Mabel e finisce con Talita. La parte più faticosa è reggere il confronto col mondo esterno che ci chiede il toto-nomi.

Il Sudanese che si aspetta un nome arabo.
Makki senior: "A me piace Zara".
Io: "Anche a me, soprattutto coi saldi".
Il nonno sudanese non l'ha presa benissimo quando ha saputo che avevamo scelto il nome Mia che in arabo vuol dire "cento". A lui piaceva Nadia (Nadiyyah, delicata) che è stato infatti messo come secondo nome con virgola e che secondo me, comunque, è russo. Questa volta il Sudanese ha deciso di muoversi in anticipo, proponendo un nome il giorno stesso in cui abbiamo saputo che era femmina. Zara, che in arabo vorrà anche dire principessa, ma in avellinese, catalano e beneventano è il nome del mio guardaroba autunno/inverno e primavera/estate. Quindi ho provato a spiegarglielo, non sono del tutto sicura che mi abbia creduto. 

Gli inglesi. Quelli che di solito chiamano i figli Mela, Cavolo e Estate.
"Bellissimo Marley!".
Mettere nomi che non sono nomi ma frutti, verdure, stagioni, colori, cognomi e punti cardinali è sempre stata una passione degli anglofoni. Per cui l'idea di chiamarla Marley è stata accolta con enorme entusiasmo dagli inglesi. Compresa Mia che crede sia il nome del padre di Nemo (al secolo Marlin). La tentazione di un nome esotico aveva quasi conquistato anche me. Mi faceva sentire un po' come Gwyneth, mamma di Mela, o come Kim, madre di Nord-Ovest. Con questa Marley, che fa un po' Bob Marley, ma anche un po' cane di Jennifer Aniston e Owen Wilson. 
 

Gli italiani a Barcellona. Ovvero i reazionari.
"Marley fa cagare, mica è un nome!".
Gli italiani che stanno a Barcellona sono cosmopoliti, cittadini del mondo, giovani dentro, viaggiatori, poliglotti. Ma col cazzo che chiamerebbero mia figlia Marley. 
"Ok e allora Lola?" propongo.
"Mah, guarda che Lola anche è molto eccentrico per noi eh, è impegnativo. Cioè alla fine Lola è Lolita, un po' una zoccola per dircela tutta. Che ne dici di Michela?". (Questa era Michela).

Gli italiani in collegamento dall'isola di Reunion.
"Hai deciso per il nome?"
"No"
"Comunque secondo me Carlotta va benissimo" (Questa era Carlotta).

Mia madre. 
"Ho letto che Maya Sansa ha chiamato la figlia Talita"
Io: "Maya chi?"
"Guarda che non è male, sempre meglio di Nausica che può piacere solo a tuo padre".

Gli italiani in collegamento dalle isole Canarie.
"Talita? Sì, e Tiscesa".

Abbiamo tempo. Ricominciamo tutto d'accapo, dal primo nome della lista. Mabel, per il quale abbiamo già registrato tre pronunce diverse "Maibl" (l'anglo-arabo), "Màbel" (io), "ué Mabbèl" (mamma)._TIW

 

In the name of the father, grandfather, Allah and Catalunya

Mia, do you like to name your little sister Viola?
No, pink!
Ah ok, how about Marley?
Yes yes! Like Nemo's dad!

It is not a good idea to ask your 2 years old daughter to decide her sister's name, especially if you are from Avellino, your boyfriend is British-Arab and you just moved to Barcelona. Which all means the people involved in the decision are too many and too diverse coming from London-United Kingdom, Khartum-Sudan, Barcelona-Catalunya, Avellino-Irpinia and my mum from Benevento.

If we want to stick to an Italian name: Viola would become Biola for the Catalans and Vaiola for the English; if we choose the Arab: Aia (Aiah) would be a chicken schnitzel brand for the Avellinesi; if we pick an English name: Marion would become Mario for my mother. And if we decide to celebrate our new Catalan homeland with Gal·la all the others would be extremely confused by the dot. That's why we wanted it to be a boy, because we already knew he was going to be named Ziggy, in the name of Bowie. Who cares if his classmates and THE WHOLE WORLD would have taken the piss out of him.

With our first daughter we had two names until the birth, Mia and Andrea, after discarding: Bianca ("white" in Italian) because she might have not been so white, Uma because followed by the surname Makki would have sounded like uramaki, and Nina because at school Italian teachers would call her Makki Nina (little car). This time we have a list of over 20 names, 70 per cent of which are hard to pronounce. A list that starts with Mabel and ends with Talita. The hardest part is to confront everyone and ask for there blessing.

The Sudanese that wants an Arab name.
Makki senior: "I love Zara".
Me: "Me too, especially during the sale".
The Sudanese grandfather didn't take it too well when he found out we named our first child Mia, "one hundred" in Arabic. He liked Nadia (Nadiyyah, delicate), that became Mia's middle name. This time the Sudanese put down his favourite name first, on the same day we found out it was a girl. Zara, that in Arabic means princess, ok, but in Italian and Catalan it is basically the name of my wardrobe, Fall/Winter and Spring/Summer. I've tried to explain it to him but I'm not sure he believed me.

The British. Those who call their children Apple, Kale and Summer.
"Beautiful Marley!".
English speakers love to give names that are not names but fruits, vegetables, seasons, colours, cardinal points. So the idea of naming our second daughter Marley has been welcomed with great excitement by all the British, included Mia that thinks it is Nemo's dad's name (which is actually Marlin). I've been tempted to give her an exotic name. To feel a bit like Gwyneth, Apple's mum, or like Kim, mother of North West. Marley, that is a bit about Bob Marley, but is also Jennifer Aniston and Owen Wilson's dog. 

The Italians in Barcelona: the conservatives.
"Marley is shit, it's not even a name!".
The Italians that I know in Barcelona are cosmopolitan, citizens of the world, young inside, travelers, multilingual. But, hell no, they wouldn't call my daughter Marley. 
"Ok how about Lola?" I try.
"Well, look Lola is quite exotic too for us, it's not an easy name. Lola is too close to Lolita, which was a bit of a slut. How about Michela". (This was Michela).

The Italians phoning from the Reunion island.
"Have you picked a name yet?"
"No"
"Anyway, I think Carlotta is very nice" (This was Carlotta).

My mother. 
"I've read that the actress Maya Sansa named her daughter Talita"
Me: "Maya who?"
"Look it's not too bad, for sure is better than Nausica, only your father likes it".

The Italians phoning from the Canary islands. 
"Talita (sounds like Salita: uphill)? Yeah, why not Tiscesa (sounds like Discesa: downhill)". (See, you can't even translate jokes about names).

We've got time. Let's start from the beginning, from the top of the list. Mabel, for which we have already registered 3 different pronunciations: "May-bull" (the British-Aarab), "Mà bell" (me), "ué Mabbèl" (mum)._TIW

En el nombre del padre, del abuelo, de Allah y de Cataluña

- Mia te gusta el nombre Viola para la hermanita?
- No Pink!
- Ah vale y Marley?
- Si, si, es el padre de Nemo!

Preguntarle a tu hija de dos años que nombre ponerle a la hermana no es exactamente lo que se dice una buena idea.
Sobretodo si vienes de Avellino, tu pareja es anglo-árabe y acabas de mudarte a Barcelona, así que en la elección ya están mas o menos incluidos gente de Londra-Reino Unido, Khartum-Sudan, Barcelona- Cataluña, Avellino- Irpinia y mamá que es de Benevento.
Si quisiéramos elegir un nombre italiano entonces Viola se transformaría en Biola para los catalanes y Vaiola para los ingleses;
si nos decidimos para el nombre árabe, Aia, se transformaría en una empanada de pollo en Avellino (es el nombre de una famosa empresa de productos de carne); si quisiéramos el nombre ingles, Marion se transformaría en Mario para mi madre.
Y si quisiéramos homenajear nuestra nueva patria con Gal·la, crearíamos una total confusión a todos los demás por el punto en el medio.
Por eso habíamos deseado un varón, ya habíamos decidido que iba a llamarse Ziggy, en nombre de Bowie y sin considerar en absoluto que iban a reírse de él en el colegio y PARA SIEMPRE.
Con la primera hija hemos barajados 2 nombres hasta el final, Mia y Andrea, después de descartar Bianca (Blanca) ya que había el riesgo que no lo fuera, Uma porque con el apellido Makki iba a sonar como Uramaki, y Nina ya que en el registro del cole se habría transformado en MakkiNina (cochecito en italiano).
La elección de Mia al final ha sido un golpe maestro hecho mientras yo estaba en anestesia total.
Esta vez en cambio tenemos una lista con mas de 20 nombres, con un 70% de ellos que no se pueden ni pronunciar, Un listado que empieza con Mabel y acaba con Talita. 
La parte mas difícil es aguantar el mundo exterior que pide a voces cual será el nombre de la niña.

El sudanés que espera un nombre arabo.
Makki senior: "Me gusta Zara".
Yo: "A mi también, sobre todo en rebajas".
Al abuelo sudanés no le gustó mucho que eligiéramos el nombre de Mia que en árabe significa "cien". él hubiera preferido Nadia ( Nadiyyah, delicada) que de todos modos le pusimos como segundo nombre y que para mi sigue siendo de origen ruso. Esta vez el abuelo ha decidido moverse con antelación proponiendo un nombre el mismo día que supimos que era niña. Ahora yo puedo entender que en árabe Zara significa princesa, pero en avellinese, catalán y beneventano es el nombre de mi guardarropa otoño/invierno y primavera/verano. Así que he intentado explicárselo pero no estoy convencida de que me haya creído.

Los ingleses, los que suelen llamar sus hijos Manzana, Col y Verano.
"Precioso Marley!"
Poner nombres que no son nombres si no frutos, estaciones, colores, apellidos y puntos cardinales, siempre ha sido una verdadera pasión para los anglófonos. Así que la idea de llamarla Marley ha sido acogida con enorme entusiasmo, incluida Mia que cree ser el nombre del padre de Nemo (que en realidad es Marlin). La tentación de un nombre exótico casi me había conquistado, sentirme un poco como Gwineth madre de Manzana, o como Kim, madre de Norte-Este. Marley que es un poco como Bob Marley pero también como el perro de Jennifer Aniston y Owen Wilson.

Los italianos a Barcelona, los reaccionarios.
"Marley es una cagada, ni siquiera es un nombre".
Los italianos que viven en Barcelona son cosmopolitas, ciudadanos del mundo, jóvenes dentro, viajan, son poliglotas. Pero ni de coña van a llamar mi hija Marley.
"Vale, y entonces Lola?"
"Bueno, mira que Lola también es bastante excéntrico para nosotros, al final Lola es Lolita, un poco putilla hablando claramente. Porqué no la llamas Michela?" (eso lo dijo Michela).

Los italianos en conexión desde la isla de Reunión.
"Has elegido el nombre?"
"No"
"Pues para mi Carlotta es perfecto" (esto lo dijo Carlotta).

Mi madre.
"He leído que Maya Sansa ha llamado su hija Talita"
Yo: "Maya quien?"
"Mira que no es feo, mejor que Nausica que le puede gustar solo a tu padre"

Los italianos desde Canarias.
"Talita? Si y Tiscesa". (juego de palabras con Subidas y Bajadas)

Todavía tenemos tiempo. Volvemos a empezar de cero, desde el primer nombre de la lista. Mabel por lo que ya tenemos registradas tres pronunciaciones diferentes: "Maibl" (el anglo-árabe), "Mabel" (yo), "ué Mabbél" (mamá)._TIW

 

April 13, 2016 /Daria Simeone
italian names, spagna, arabi, barcellona, nomi, figlia, inglesi, spain, english names, names, italiani, figli, daughter, expats, catalugna, children, arab names, relocating in barcelona, barcelona, catalunya
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